La cultura a cui apparteniamo ha esplorato il tema della bellezza arrivando a creare due opposte fazioni: quella della Bellezza interiore e quella della Bellezza esteriore.
L’una si volge allo spiritualismo come ricerca interiore, segue una direzione tendenzialmente ascetica, fatta di disciplina, pratica quotidiana, rigore economo e impegno e guarda dall’alto al basso l’altra, che si volge verso l’apparire e cura l’esteriorità della forma, cerca il plauso degli altri, si muove spandendo e sperperando senza dolersi minimamente di tale edonismo.
Sono come una coppia che non si parla, dove l’uno guarda l’altro con un certo disprezzo, mentre l’altro tende a non vedere proprio il primo.
Dove sta la bellezza?
Una delle due categorie la detiene veramente?
L’eccessiva rigidità, l’idealismo e la sicurezza della prima mi portano a diffidare: c’è un che di pesante… mentre la bellezza è leggera, nasce dalla spontaneità.
Dall’altro lato la bellezza esteriore è la rappresentazione della maschera, il teatro che fabbrica il guscio, il bel pacchetto che all’interno può rivelarsi vuoto.
Possiede leggerezza ma è inconsistente, priva di vitalità.
Cos’è dunque il bello?
I bambini hanno quella dimensione di purezza e spontaneità, che nasce dalla vitalità non ancora stroncata dall’esperienza.
Il loro movimento spontaneo verso il mondo è, a mio avviso, pura bellezza. Infatti, essendo pieni di bellezza al loro interno, si stupiscono continuamente per la bellezza, che trovano intorno a loro.
I bambini vedono con facilità il bello, anche laddove un adulto faticherebbe a coglierlo!
Quando abbiamo la sensibilità di ascoltare i più giovani, possono aprirsi finestre su dettagli che non avremmo mai notato da soli.
Potremmo ipotizzare, a partire da quanto stiamo esplorando, che la bellezza nasca dunque da un’esperienza soggettiva di piacere, spontanea e non ricercata con fatica (l’aveva già supposto Kant… non gasiamoci troppo!)
È molto interessante tornare a questo filosofo e riscoprirne l’attualità: l’oggetto bello attiva il meccanismo conoscitivo, che altro non è che un dialogo tra immaginazione e intelletto.
Tradotto, questo significa che:
se riusciamo ad offrire proposte educative che abbiano la bellezza al loro centro, con tempi e spazi per poterla cogliere, offriamo una base per lo sviluppo della capacità riflessiva!
Facciamo un esempio concreto per capire di cosa stiamo parlando.
Sono davanti a un fiore, un tramonto, un quadro, una musica, un testo, ecc…
Mi sento attratto, mi soffermo ad osservarlo con i cinque sensi. Nascono dentro di me delle rappresentazioni per cercare di comprendere l’esperienza dei miei sensi, ma l’oggetto della bellezza non è mai completamente rappresentabile, perché è determinato dal mio percepirlo.
Si riesce a cogliere il potere creativo e riflessivo di tale atto di contemplazione?
Quando contempliamo la bellezza si creano le condizioni migliori per poter sentire noi stessi.
Nel contatto con ciò che è bello, noi riconosciamo le nostre risorse e potenzialità, siamo anche noi bello nel bello.
Il fatto poi che la contemplazione della bellezza sia possibile attraverso i sensi, attraverso l’attività del percepire, rende il processo riflessivo libero dal giudizio e ci spiega come l’attività del giudicare non possa proprio, per sua natura, essere fonte di conoscenza.
Il bello è negli occhi di chi lo contempla. Hume
Se ripensassimo la formazione dei nostri bambini a partire da queste premesse? Immaginate…
Avremmo cittadini capaci di pensare, riflettere e non stare nel giudizio.
Contribuiremmo a creare uomini e donne in contatto con le proprie risorse e con quelle altrui!
Immaginate se mettessimo i genitori e gli insegnanti nelle condizioni di cogliere il bello che hanno davanti ai loro ragazzi, che circolo virtuoso andremmo a creare!
Che cos’è per te il bello? Ne parliamo nei commenti
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Le foto presenti nell’articolo sono di Silvia Grassini e sono riferite ai Laboratori di cucina creativa per bambini e famiglie